Perchè eseguire i tagli sopra al collare
Un accorgimento importante per avere piante sane
Oggi parleremo dei tagli corretti sui quali esistono tantissimi articoli. Molti di questi parlano di varie tipologie di tagli da eseguirsi in un determinato modo. In altrettanti scritti, nonostante si sia spiegato come eseguirli, troppo spesso, vuoi per mancanza di spazio o perché ci si rivolge ad un determinato settore, non sempre ci si sofferma a spiegare le ragioni che portano ad una giusta tecnica di esecuzione. Si può praticare perfettamente un intervento cesoreo perché pratica, esperienza e ripetizione gestuale conferiscono alla nostra mano la sicurezza necessaria da venir chiamati, dopo anni e anni di lavoro, esperti o maestri.
Personalmente ho visto innestatori in grado di fare interventi incredibilmente precisi, direi micrometrici, con coltelli più affilati di quanto non lo fossero appena usciti di fabbrica. Senza però conoscere i motivi per i quali quei tagli venivano praticati, il perché delle determinate angolazioni e senza conoscere la differenza tra floema e xilema, tutti criteri fondamentali per la riuscita di un innesto duraturo negli anni.
La prima cosa che dobbiamo sapere quando effettuiamo un taglio su una pianta, su un albero o su un tronco, è che creiamo una ferita. Questo evento da parte del potatore o dell’innestatore è importantissimo. Infatti, dal momento che viene inferto un taglio, come lo dice la parola, creiamo un danno, una situazione di stress. Andiamo a indurre uno squilibrio che la pianta tenterà immediatamente di controbilanciare. Quindi, prima di intervenire, il potatore dovrà essere consapevole delle reazioni indotte. Se si procederà con determinate regole (metodo, periodo ma anche conoscenza della anatomia) e con gli attrezzi giusti per effettuare questo o quel taglio aiuteremo la natura a completare più rapidamente la sua opera di risanamento.
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Nel caso specifico di oggi parleremo del taglio sopra al collare. Il collare è un rigonfiamento visibile nella maggiorparte dei casi ad occhio nudo. Esso è situato a livello della corteccia e collocato in prossimità della giunzione tra due rami. Avremo sempre, tranne nel caso di rami o tronchi codominanti, un ramo principale sul quale cresce un ramo secondario, ossia, uno che chiameremo portante (il principale) rispetto all’altro. L’olivo fa parte dei dicotiledoni legnosi. Pertanto, è utile sapere che in condizioni di salute il fusto di un albero è vivo nella sua quasi interezza. Soltanto la parte più interna del legno più interno (duramen) espleta la sola funzione di sostegno. In condizioni normali, questa zona è più scura rispetto alle zone esterne perché impregnata di sostanze fenoliche.
Da ciò si capisce che effettuando un taglio al di sotto della corteccia (che è più o meno spessa in base agli anni dell’albero) creeremo una ferita perché si intaccheremo una zona viva. Questo fino a che non raggiungeremo il duramen. Nella zona di giunzione tra due rami o tra il tronco e un ramo primario (i rami primari sono i rami che partono direttamente dal fusto detto anche tronco) il potatore attento noterà certamente le zone di rigonfiamento di cui abbiamo parlato sopra. Esse delineano il passaggio da un ramo principale ad un altro. In realtà non sono zone così semplici ma non è questo il luogo adatto per descriverne tutta la struttura istologica e anatomica.
Accontentiamoci per adesso di sapere che dall’ascella di una foglia è presente una gemma e da una gemma può nascere un ramo. Guardando da vicino l’ascella fogliare basteranno i nostri occhi per osservare già un rigonfiamento in questa zona. Il rigonfiamento è dovuto a vari motivi. Il primo è da attribuirsi ad un accumulo di sostanze energetiche della pianta in prossimità della futura branchetta. E ogni tessuto presente si differenzierà (si modificheranno le cellule per formare dei tessuti complessi) per dar nascita a delle nuove strutture anatomiche che la andranno a comporre (dal midollo all’epidermide). Anche il ramo primario modificherà la sua anatomia poiché da esso nascerà il nuovo rametto.
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In ordine cronologico i primi a crescere saranno i tessuti del nuovo ramo seguiti da quelli del ramo portante. Sono questi tessuti, in ambedue i casi, che, piegandosi su loro stessi, non appena avranno raggiunto la zona della base del futuro rametto, daranno quel rigonfiamento maggiore che si noterà. Il rigonfiamento è dato dal ripiegarsi dei tessuti. Questi tessuti si trovano all’interno della zona della corteccia del ramo dal quale nascono, creando il primo rigonfiamento. Il ramo principale invece si rigonfierà a sua volta ma più tardi. Questi due plissetti daranno la caratteristica forma ad anello situata alla base di ogni ramo. Vedremo che sul nascere la sua colorazione è più chiara rispetto al resto del ramo che da quel punto vi nasce.
Risulterà logico il fatto che i tagli al di sopra del rigonfiamento, ovvero quello della corteccia del ramo principale, andranno ad infierire soltanto sul nuovo rametto e non sul ramo principale. Avvenuto il taglio succederanno nella pianta molte cose tra cui i processi riparativi ma pure, inevitabilmente, la morte cellulare. I processi riparativi nel loro complesso necessitano di una grande richiesta energetica. In questa delicata zona tra corteccia del ramo principale e nuovo ramo avvengono tanti scambi di segnali e passaggi di elaborati. Pertanto, più preciso sarà il mio taglio e più aiuterò questi processi riparativi a rimarginare la ferita aperta. Lasciando intatto il tronco o il ramo principale i tessuti di quest’ultimo subiranno un lievissimo danno riparabile dall’albero in breve tempo.
Come effettuare il taglio per una rimarginazione totale? Innanzitutto usando attrezzi perfettamente affilati e, ovviamente, effettuando il taglio sopra il collare, con la dovuta inclinazione. Cercheremo di stare attenti il più possibile a non pregiudicare le zone che abbiamo descritto fino ad ora. Faremo quindi un taglio sopra al collare nella zona che guarda il cielo (zona dorsale) e sopra il rigonfiamento in quella che guarda il terreno (zona ventrale). Osservando il disegno allegato si capirà tutto meglio. Teoria e pratica sono complementari e non possono permettersi di viaggiare ognuna per la propria strada. “E’ giunto il momento di passare all’azione, con cognizione!”
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