La ticchiolatura del melo
Impariamo a riconoscerla e a contrastarla con metodi di difesa biologica
La ticchiolatura del melo, causata dal fungo Venturia inaequalis, rappresenta una delle più importanti malattie che colpiscono questa coltura. I danni anche di elevata gravità si riscontrano soprattutto sulle foglie, sui frutti, possono essere colpiti anche i fiori e i rametti non ancora lignificati.
Impariamo a riconoscere i sintomi della malattia: sulle foglie si evidenziano macchie bruno olivacee di forma rotonda, l’aspetto è opaco, vellutato; a livello microscopico possono essere rinvenuti in corrispondenza delle macchie fogliari il micelio e i conidi cioè le forme di riproduzione e di dispersione del fungo. Le foglie infettate dal fungo con il tempo assumono un colore grigiastro, opaco, l’attività fotosintetica viene compromessa, il lembo si secca e fa seguito la caduta anticipata. Sui frutti le macchie bruno grigiastre possono comparire fin dai primi stadi di sviluppo fino allo stadio fenologico del “frutto noce” cioè quando si raggiungono dimensioni in diametro attorno ai 3 cm. I frutti diventano meno suscettibili alla infezioni verso la maturazione dove possono verificarsi delle leggere reticolature suberificate sull’epidermide, dopo la raccolta può manifestarsi la ticchiolatura da magazzino con la comparsa di piccole macchie nerastre. I frutti colpiti nei primi stadi di sviluppo possono subire deformazioni, avere crescita asimmetrica, possono fessurarsi e cadere anticipatamente.
Vediamo ora come la malattia si conserva, come si diffonde nei nostri meleti e quali sono le condizioni ambientali e climatiche che favoriscono le infezioni.
Il fungo che causa la ticchiolatura del melo sverna dentro piccole fruttificazioni globose (pseudoteci) all’interno delle foglie cadute a terra in autunno; in primavera gli pseudoteci raggiungono la maturazione, si aprono e liberano le ascospore che vengono diffuse durante le piogge determinando le prime infezioni a carico delle giovani foglie e dei germogli.
Le infezioni hanno luogo solo dopo il verificarsi di una pioggia accompagnata da una prolungata bagnatura degli organi della pianta suscettibili (giovani foglie, frutticini e germogli in distensione). Perché il processo infettivo avvenga dovranno esserci valori termici idonei a consentire alle spore di germinare e penetrare attivamente nei tessuti dell’ospite. Il periodo dell’anno nel quale il melo è più suscettibile alle infezioni da ticchiolatura è la primavera nei mesi di aprile e di maggio soprattutto quando il decorso stagionale è umido, piovoso e con temperature miti.
Una volta che le ascospore penetrano nella foglia, determinando le infezioni primarie, il fungo si accresce a spese del tessuto vegetale, invade gli spazi intercellulari e differenzia sotto la cuticola della foglia micelio e nuovi conidi infettanti. I conidi, una volta rotta la cuticola, verranno dispersi dall’acqua e dal vento e daranno luogo ad infezioni secondarie e a successive infezioni che sono sempre favorite da decorso stagionale umido e piovoso.
Vediamo ora come poter contenere la dannosità della malattia per arrivare ad ottenere frutti in buona quantità, senza danni estetici prodotti dalla malattia, utilizzando metodi e prodotti ammessi per la difesa biologica. Una prima strategia per limitare la necessità di intervenire con prodotti fitosanitari di tipo sia di tipo chimico che di tipo biologico contro la ticchiolatura è quella di scegliere varietà di melo resistenti o quanto meno cercare di non utilizzare varietà molto sensibili al patogeno. Tra le varietà di melo meno sensibili alla ticchiolatura a maturazione precoce (varietà estive) vi sono ad esempio la cv. “Prime Red”, la cv. “Summerfree” la cv. “Sansa”, tra le varietà a maturazione autunnale si ricordano ad esempio la cv. “Florina” molto impiegata nelle produzioni biologiche, la cv. “Topaz”; tra le varietà a maturazione tardiva si annoverano la cv. “Brina” e la cv. “Golden Rush”. Si segnalano le varietà di melo sensibili alla ticchiolatura che sarebbe opportuno evitare sempre che non si voglia mettere in conto di dover effettuare trattamenti per raggiungere una buona produzione sia dal punto di vista qualitativo e quantitativo tra queste varietà altamente recettive vi sono la cv. “Grevestein”, la cv. “Red Delicious”, la cv. “Golden delicious”, la cv. “Rome beauty”. Presso i migliori vivai di piante da frutta e i garden centers è possibile richiedere informazioni sulle varietà di melo ticchiolatura resistenti, verificando sulle etichette o sui cataloghi i periodi di maturazione e le caratteristiche dei frutti.
Vediamo ora come e con quali trattamenti intervenire per la difesa biologica del melo contro la ticchiolatura. In biologico si utilizzano prodotti di origine naturale sia per la difesa, sia per la fertilizzazione; i principi attivi ammessi per la difesa biologica delle piante sono elencati nell’allegato II del Regolamento 889/2008 della Commissione Europea del 5 settembre 2008 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli.
Nella strategia di difesa della ticchiolatura, su melo, è molto importante controllare le infezioni primarie che si verificano a primavera appena prima del rigonfiamento delle gemme è buona norma difendere il frutteto effettuando trattamenti preventivi con sali di rame oppure polisolfuro di calcio. In seguito, quando le gemme si stanno rigonfiando (ma sono ancora chiuse) si può intervenire con trattamenti rameici o a base di polisolfuro a basse dosi. Dopo la fioritura, nel momento di apertura delle gemme e dell’emissione dei nuovi germogli i dosaggi dei prodotti rameici e del polisolfuro di calcio dovranno essere ulteriormente ridotti, dovrà essere posta anche attenzione sulle cultivar di melo sensibili al rame dove questo principio attivo potrebbe produrre danni da fitotossicità e rugginosità sui frutti. Nell’applicazione dei prodotti fitosanitari, anche di quelli ammessi in biologico, è importante leggere attentamente le etichette per un uso e per un dosaggio corretto e prestare attenzione alle informazioni che riguardano i possibili effetti fitotossici su determinate specie e varietà. Sulle cultivar sensibili alla rugginosità (ad esempio Pink Lady, Golden deliciuos) è meglio evitare i trattamenti rameici privilegiando, invece, l’impiego di polisolfuro di calcio, avendo l’accortezza di evitare le giornate caratterizzate da temperature elevate. E’ sempre consigliabile distribuire i prodotti nelle ore più fresche del giorno, in assenza di vento e mai in fioritura per non disturbare le api e gli insetti impollinatori.
I trattamenti dovranno essere effettuati in funzione dell’andamento climatico e della presenza della malattia; per esempio, in assenza di piogge si può allungare il turno di intervento. I trattamenti tempestivi si effettuano con polisolfuro di calcio su vegetazione bagnata dopo l’inizio della pioggia infettante: l’obiettivo è quello di devitalizzare il tubo germinativo prodotto dall’ascospora in fase di germinazione, prima che si formi l’austorio in grado di penetrare i tessuti vegetali e dare inizio al processo infettivo.
Nei programmi di difesa biologica contro la ticchiolatura trovano impiego anche altri prodotti a basso impatto ambientale come i prodotti a base di zolfo e di bicarbonato di potassio. Il bicarbonato di potassio è una sostanza naturale che ha elevata attività fungicida con un ampio spettro d’azione e favorisce l’aumento del pH e della pressione osmotica delle superfici fogliari inibendo così la germinazione delle spore fungine. Lo zolfo agisce sulle spore disidratandole. Nell’applicazione di preparati a base di bicarbonato di potassio e di zolfo è sempre importante attenersi alle informazioni e prescrizioni in etichetta ai prodotti impiegati.
Un consiglio agronomico per ridurre l’incidenza dei danni da ticchiolatura è quello di effettuare potature di diradamento delle chiome che permettano l’arieggiamento della vegetazione facendo diminuire il tempo di bagnatura fogliare, buona norma è anche raccogliere e distruggere per quanto possibile le foglie cadute in autunno dove sverna il patogeno.