Il corineo delle drupacee
Come difendere le nostre piante
Al gruppo delle drupacee, piante che producono un frutto botanicamente classificato come drupa, appartengono albicocco, ciliegio, pesco, susino e mandorlo. Per la parentela e l’affinità botanica che le lega, queste specie vengono colpite da alcune malattie fungine comuni, che comportano danni piuttosto simili. Una di queste è il corineo, che descriviamo in questo articolo suggerendo metodi preventivi e curativi adatti ad una coltivazione biologica.
Come riconoscere il corineo
Il corineo è una patologia causata dal fungo Stigmina carpophila, che può colpire rami, foglie e frutti. Sulle foglie appaiono delle piccole tacche di colore rosso-violaceo, attorniate da un alone, che pian piano si allargano e disseccano. La parte secca poi cade e la foglia resta piena di tanti fori, per così dire “impallinata”, e per questo la malattia, viene anche chiamata “impallinatura” oltre che corineo. Sui rami si possono notare delle infossature allungate con essudati gommosi, mentre sui frutti, soprattutto sulle albicocche, si notano tante piccole tacche brune fitte, che col tempo diventano incrostazioni che rendono il frutto non commercializzabile se destinato alla vendita. Per il consumo privato non ci sono problemi, basta eventualmente sbucciare il frutto, ma sicuramente è meglio evitare che la malattia dilaghi, perché la produzione comunque ne risente sia nell’anno in corso, sia nel futuro. Piante malate e non curate in modo adeguato, infatti, producono meno e risulteranno indebolite anche nell’anno successivo.
Prevenzione e difesa fitosanitaria biologica
Le malattie delle piante da frutto devono essere prevenute con tutti i mezzi possibili, soprattutto se si intende coltivare in modo eco-compatibile, usando solo prodotti ammessi in agricoltura biologica. Il corineo non fa eccezione a questa regola, ed è quindi molto importante fare delle scelte appropriate fin dall’inizio della coltivazione, per esempio:
- optando su varietà antiche di albicocchi, ciliegi, peschi e susini o comunque su varietà resistenti alle patologie più probabili;
- mettendo a dimora gli alberelli con sesti di impianto abbastanza larghi, per consentire una buona circolazione di aria, premessa per una minore incidenza delle patologie. Se si ha solo una pianta o poche piante di drupacee in giardino, è bene comunque distanziarle a sufficienza dalla siepe o da eventuali altre piante;
- allestendo un impianto irriguo a goccia che non bagna la parte aerea delle piante, ed evita così di favorire il fungo patogeno, che gradisce proprio le condizioni di umidità;
- non concimando troppo le piante, altrimenti la lignificazione dei germogli viene rallentata e questi restano più suscettibili al patogeno;
- potando regolarmente, senza eccedere, in modo da avere chiome equilibrate e ben arieggiate. Dopo la potatura risulta utile trattare le piante con un prodotto a base di propoli, che è del tutto naturale e svolge un’azione disinfettante.
Nonostante questi accorgimenti, è probabile che le piante si ammalino lo stesso, perché le drupacee sono specie delicate e se la stagione primaverile è piovosa è molto raro sfuggire agli attacchi patogeni. Nello specifico del corineo, durante l’estate, le temperature alte non favoriscono il patogeno, che però può tornare ad essere aggressivo in autunno. Per questo non bisogna perdere di vista le piante dopo la raccolta, che di solito termina col mese di agosto, con alcune varietà tardive di susine o albicocche.
Cure
Per debellare il corineo fortunatamente possiamo intervenire con prodotti a basso impatto ambientale ed evitare così di avere un impatto negativo sull’ambiente.
L’acquisto di prodotti ad uso hobbistico per adesso non richiede il possesso del patentino, ma ciò non significa che si debbano trascurare tutte le indicazioni d’uso riportate in etichetta, anzi, è doveroso leggerle e attenervisi. In particolare, bisogna rispettare le dosi di prodotto indicate, le diluizioni e le precauzioni. Bisogna inoltre procurarsi i dispositivi per la protezione individuale (DPI), ovvero guanti, mascherina, occhiali, tuta protettiva.
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In primavera risulta molto utile fare qualche trattamento preventivo a base di Equisetum arvense, pianta conosciuta anche come “coda cavallina” e molto ricca di silicio. Questa pianta, usata in estratti o decotti, ed irrorata sulle chiome, esplica un’azione di rinforzo sulle difese naturali delle specie coltivate. Possiamo acquistare dei prodotti a base di equiseto pronti all’uso, da diluire in acqua in una comoda pompa a zaino elettrica, oppure possiamo raccogliere le piante di equiseto e preparare autonomamente un estratto a freddo o un decotto. Il decotto ci evita una macerazione a freddo che sprigiona cattivi odori e si realizza nel seguente modo: si mettono a bollire 4-500 grammi di pianta in una pentola con un 1 litro di acqua per poco meno di un’ora, poi si lascia il decotto a freddare, lo si filtra molto accuratamente e lo si diluisce in acqua nella proporzione di 1:5 circa.
Possiamo inoltre trattare le piante con zeoliti, finissime polveri di roccia da sciogliere in acqua e irrorare sulle piante. Queste polveri hanno l’effetto di asciugare più rapidamente l’umidità che permane sulle foglie dopo una pioggia o una rugiada intensa, e questo ostacola il fungo patogeno nel suo proliferare.
I trattamenti invernali
Le piante, quando si trovano a riposo vegetativo, devono essere trattate, perché il fungo si trova presente nelle forme svernanti e se non si interviene sarà pronto ad attivarsi nella primavera successiva. Possiamo quindi fare dei trattamenti rameici a base di poltiglia bordolese o ossicloruri, oppure a base di polisolfuro di calcio, tutti ammessi in agricoltura biologica. Disporre di una buona pompa a zaino elettrica è molto utile, perché ci consente di fare un trattamento uniforme, condizione indispensabile perché sia efficacie, e senza fatica.