MESSA A DIMORA DELLE PIANTE DA FRUTTO
Il frutteto familiare: i passi fondamentali
L’impianto di un piccolo frutteto familiare richiede una serie di valutazioni preliminari, considerando che le scelte iniziali influenzeranno lo sviluppo delle piante per un numero di anni variabile dai quindici fino a oltre trenta anni. Nella scelta delle specie da coltivare occorre tenere presente le condizioni pedo-climatiche della zona e la disponibilità di acqua per indirizzare la scelta verso quelle specie che meglio si adattano.
Per frutteti amatoriali è bene fare riferimento a piante tradizionalmente coltivate nella zona. Di regola, per terreni montani sopra i 1000 metri, il consiglio è di orientarsi verso la coltivazione di peri, meli e ciliegi, mentre nelle zone a clima mite il pesco e l’albicocco possono dare risultati soddisfacenti. Gelate primaverili potrebbero causare complicazioni alla fioritura, fino a compromettere l’intera produzione dei frutti. Altre coltivazioni consigliate per ambienti a clima mediterraneo sono il fico, il gelso, e tutte le varietà e tipologie di agrumi.
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L’utilizzo di portainnesti a sviluppo ridotto consente di adottare forme di allevamento contenute che agevolano le operazioni colturali come potatura, raccolta e difesa antiparassitaria. Pertanto bisogna acquisire tutte le informazioni necessarie per ciascuna specie prima di acquistare le piante. Il calcolo del numero delle piante da mettere a dimora dipenderà dallo sviluppo delle piante adulte, dalla forma di allevamento e dal portainnesto.
Cos'è un astone?
L’astone è una pianta innestata formata da portainnesto di due anni di età e dal nesto di uno. Le qualità fondamentali che definiscono la bontà di un’astone sono la presenza di rami anticipati, un ampio apparato radicale, integro e ricco di radici capillari, una lunghezza della parte aerea non inferiore a 1,00 – 1,20 m. e un’ottima saldatura del punto d’innesto. Al momento dell’estirpazione in vivaio, sia il tronco sia i rami devono essere privi di foglie. La loro presenza dimostrerebbe una scarsa lignificazione dei tessuti.
La certificazione del materiale vivaistico
Per non correre rischi al momento dell’acquisto, il compratore deve sapersi orientare nella scelta delle piante. Esistono oggi diversi livelli di qualità delle produzioni vivaistiche. Il livello di qualificazione più elevato è la categoria certificata “virus esente” e “virus controllato”. La certificazione è dimostrata dalla presenza, sulle singole piante o sui mazzi, di un cartellino azzurro che funge da passaporto delle piante. Oltre alle garanzie di tipo fitosanitario, questo materiale offre anche precise garanzie di tipo genetico, assicurando caratteristiche varietali certe e stabili nel tempo.
Tra le possibilità di qualificazione previste dalle nuove norme, vi è quella che i singoli Paesi membri possano sviluppare livelli di certificazione volontari con garanzie extra rispetto alla certificazione EU. Oltre ai due livelli di qualificazione previsti dalle norme Ue (CAC e Certificato Ue), è anche previsto il livello volontario nazionale extra, identificato dalla sigla QVI (“Qualità Vivaistica Italia”). Esso è applicabile per agrumi, drupacee, fico, fragola, nocciolo, noce, olivo, pomacee e drupacee.
Categoria C.A.C.
Nella categoria C.A.C. (Conformità Agricola Comunitaria) è una qualifica obbligatoria e rappresenta la soglia minima dei requisiti fitosanitari e della corrispondenza varietale che l’operatore deve garantire sulle sue produzioni. Dichiarando privi degli organismi nocivi considerati da quarantena per l’Unione europea e degli organismi nocivi più significativi. La categoria C.A.C è attestata da un cartellino di colore bianco.
L’epoca del trapianto
L’epoca del trapianto può variare a seconda che si tratti di piante a radice nuda oppure in vaso.
Piante a radice nuda
Le piante a radice nuda sono prive del pane di terra, sono state coltivate in campo per una stagione dopo l’innesto. Quindi, la pianta è un astone formato da un portainnesto di due anni e dal nesto di uno. Essendo piante giovani si adattano con molta facilità al trapianto che va eseguito nella fase di riposo vegetativo dal mese di novembre. Durante il periodo invernale, anche se in maniera più lenta, le radici continuano a crescere di conseguenza, hanno più tempo, per sviluppare un buon apparato radicale fino al risveglio vegetativo. La piovosità e l’umidità caratteristica dell’autunno e dell’inverno fanno assestare il terreno permettendo alle radici di svilupparsi e rafforzarsi. La messa a dimora deve avvenire entro poco tempo dalla data di arrivo.
Le radici, infatti, possono essere soggette a disidratazione se non adeguatamente conservate in luogo fresco e umido. Le piante a radice nuda si presentano col fusto intero permettendo al coltivatore di scegliere il punto d’impalcatura migliore e impostare la forma di allevamento desiderata. Molti altri sono i vantaggi tra cui il prezzo inferiore, sono infatti più leggere, facendo diminuire il costo di spedizione o di trasporto. Inoltre, attecchisce più velocemente rispetto a quelle vendute entro contenitori
Le piante in vaso
Nel caso di pianta in vaso, la messa a dimora può essere eseguita quasi per tutto l’arco dell’anno poiché l’apparato radicale si trova nel suo pane di terra e quindi sono più autonome. Tuttavia queste piante possono presentare criticità soprattutto se sono mantenute in vaso per più anni prima dell’acquisto. In questi casi, le radici, avendo poca terra a disposizione per espandersi, girano attorno al vaso e se non gestite bene al momento della messa a dimora, si corre il rischio che queste continueranno a crescere mantenendo la forma del vaso. Vanno pertanto districate e liberate così da favorire lo sviluppo nel nuovo terreno. Le piante in contenitore, essendo destinate ai coltivatori amatoriali, si presentano già impalcate. Spesso presentano rami laterali a sviluppo disomogeneo, rendendo difficoltosa l’impostazione di un’equilibrata forma di allevamento.
Considerazioni prima di piantare l’albero
Una volta definito l’ambiente pedoclimatico e la sua compatibilità con le cultivar scelte, occorre stabilire i sesti d’impianto, ossia le distanze di piantagione. Queste sono determinate essenzialmente dal tipo di portainnesto e dalla forma di allevamento da adottare. In particolare si utilizza la distanza di almeno 2/3 metri da recinzioni, e di almeno 6/7 metri da edifici o alberi ad alto fusto. Per il melo coltivato a fusetto su portainnesto debole (M9), e pero su cotogno, si può adottare la distanza di 1 metro sulla fila. Mentre su portainnesto vigoroso o franco la distanza sarà di 3/4 metri. Per le drupacee occorrono minimo tre metri, mentre tra piante di fichi o cachi si lasciano almeno 5 metri.
Oggi con l’arrivo di nuovi insetti dannosi come per la Cimice Asiatica e la Popilia Japonica, la cui difesa non ha dato risultati accettabili, è consigliabile prevedere l’utilizzo di reti antinsetto che, avvolgendo completamente la pianta, consentono di controllare questi insetti oltre alla carpocapsa e altri lepidotteri. Chiaramente l’uso delle reti antinsetto sarà possibile solo su piante con chiome poco espanse, pertanto occorre adottare forme di allevamento idonee e piante in filare con strutture di sostegno per le reti.
La messa a dimora delle piante da frutto
La messa a dimora delle piante da frutto richiede una serie di lavorazioni, che devono essere eseguite con cura per ottenere una buona percentuale di attecchimento. Le operazioni necessarie riguardano la preparazione del terreno, la concimazione e la messa a dimora delle piante. Per piante in filare è consigliabile una lavorazione profonda su tutto il filare preceduta da una concimazione di fondo a base di fosforo (perfosfato minerale) e potassio (solfato potassico). L’operazione successiva sarà tracciare le linee corrispondenti ai filari e la posizione di picchetti nei punti esatti dove saranno poste a dimora le piante. Nei frutteti innestati su portainnesti deboli è necessario predisporre un impianto di tutori. Esso è costituito da pali e fili, che serviranno a sostenere le piante e a sorreggere eventuale rete antigrandine o antinsetto.
La fase successiva consiste nello scavare delle buche destinate ad accogliere le piante. Queste dovranno essere larghe 50/60 cm e altrettanto profonde. Durante lo scavo tenere separati i primi 20 cm di terra dal resto dello strato più profondo: questo ci consentirà, al momento di ricoprire la buca, di tenere lo strato più fertile in superficie dove si trovano le radici assorbenti. Fatto lo scavo s’inizia a collocare nel fondo della buca uno strato di materiale grossolano composto di pietre e ciottoli seguito da uno strato di ghiaia per il drenaggio dell’acqua in eccesso. Quindi, si continua con la terra dello stato più profondo mescolandolo eventualmente con del terriccio soffice oppure del compost.
Si appoggia l’astone per verificare se il colletto della pianta coincida col livello di campagna, a questo punto si comincia a ricoprire le radici utilizzando la terra del primo strato. Si aggiunge ai lati della buca del letame maturo facendo attenzione che non vada a diretto contatto con le radici. Proseguendo, si ricopre la buca fino ad arrivare al livello di campagna, evitando di pressare la terra con i piedi, soprattutto se la pianta è a radice nuda, per non danneggiare i sottili peli radicali. L’aggiunta di circa venti litri di acqua assesterà il terreno e lo farà aderire alle radici. In superfice si può aggiungere del concime organico pellettato. Infine, l’ultima operazione consiste nel mettere un tutore per sostenere la pianta.
>> Dopo aver imparato come funziona la messa a dimora delle piante da frutto, guarda anche la playlist dedicata alla potatura delle piante da frutto!
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