Il pesco, caratteristiche botaniche e tecniche di allevamento
Scorpite i consigli per coltivare il pesco
Il pesco è originario della Cina, da dove è passato prima in Persia e poi in Grecia, ad opera di Alessandro Magno; i Romani lo apprezzarono particolarmente e ne diffusero la coltivazione in Europa. In Italia la coltivazione razionale della pesca inizia ai primi del nostro secolo nel Veronese e in Romagna.
I botanici considerano il pesco appartenente alla famiglia delle Rosaceae, genere Prunus, specie persica. La pianta è di altezza variabile; quando lasciata crescere in forma libera, raggiunge i 4-6 m; le radici, come quelle della maggior parte delle piante arboree, sono più espanse che profonde.
Il tronco è più o meno contorto; i rami di un anno sono verdognoli, rossastri nella parte esposta al sole. Le gemme a legno, di forma conica, e quelle a fiore, tondeggianti, sono inserite sul nodo o isolate o riunite in gruppi: spesso si presentano due gemme a fiore laterali ed una a legno centrale o due gemme di cui una a legno e l’altra a fiore.
Le formazioni fruttifere sono costituite: dai rami misti, di media vigoria, provvisti di gemme a fiore e gemme a legno laterali, con gemma apicale a legno, frequentemente dotati di rami anticipati; brindilli, corti rametti con gemme a fiore su tutto il ramo e gemma terminale a legno; mazzetti di maggio, rametti lunghi pochi centimetri, con una corona di gemme a fiore e quella centrale a legno.
I fiori sono solitari o riuniti in gruppi, compaiono prima della fogliazione e possono essere rosacei, con petali aperti, grandi e di colore rosa chiaro e campanulacei, con petali piccoli che non si distendono del tutto, di colore rosa intenso.
Il frutto è una drupa di forma tondeggiante, divisa in due valve da un solco più o meno profondo, tomentosa nelle pesche e nelle percoche, glabra invece nelle nettarine. La polpa presenta consistenza diversa a seconda delle cultivar, di colore giallo o bianco con venature rosse verso l’interno e può essere aderente o meno al nocciolo.
Le cultivar di pesche sono numerosissime nel mondo, se ne contano circa 6.000; sono classificate in base all’epoca di fioritura, all’epoca di maturazione (da precocissime in giugno a tardive in settembre), al colore e alla consistenza della polpa, all’utilizzo del frutto (consumo fresco o trasformazione). Le pesche attualmente coltivate sono per il 90% a pasta gialla e per il 10% a pasta bianca. La propagazione avviene generalmente per innesto a gemma dormiente ad agosto-settembre e a triangolo a febbraio-marzo.
Il pesco è una pianta che richiede clima mite e terreni sciolti di facile sgrondo. Per il clima si devono tenere presenti soprattutto le minime termiche sia invernali che primaverili; sono trascurabili infatti i danni da eccessi termici, che si possono verificare nelle zone più soleggiate dell’ambiente meridionale, con necrosi da sole sul tronco e sulle branche. I forti freddi invernali non sono tollerati dal pesco, che comincia a risentirne a -13°/-15° C, soprattutto con danni alle gemme imbrunimenti, lesioni, morte e cascola.
Il fabbisogno in freddo, ossia il numero di ore nel periodo ottobre-marzo con temperature inferiori a + 7°C, è molto importante e rappresenta di fatto il rovescio della medaglia del danno da freddo; tale numero di ore al sud oscilla fra le 300-600 ore/anno, mentre al nord Italia si aggira sulle 1.000-1.200 ore/anno; quindi al sud si devono utilizzare cultivar a basso fabbisogno di freddo, in modo che la pianta possa completare il periodo di riposo invernale, per vegetare e produrre normalmente.
La forma di allevamento più utilizzata è quella a vaso. Il vaso inizialmente era presente nella peschicoltura come vaso alto, dotato di 3 branche, su cui sono inserite numerose sottobranche; i sesti d’impianto molto ampi di 7 x 6 m, pari a 238 piante/ha, ossia a bassa densità. Col passare degli anni l’allevamento a vaso alto ha subìto delle trasformazioni con l’introduzione del vaso basso e il vaso ritardato. I sesti d’impianto sono passati a 5 x 3 m, pari a circa 667 piante/ha, ossia a media densità. Tali forme, adottate in molte zone collinari o anche di pianura con terreno meno fertile e dove è minore il rischio di gelate tardive, non superano l’altezza di 2,7 metri. Quindi la potatura invernale ed estiva, il diradamento e la raccolta sono eseguite da terra evitando così l’uso di scalette o carri raccolta.
Il vaso basso presenta un fusto molto ridotto, ha tre branche inserite sul fusto principale vicino al terreno, regolarmente distanziate tra loro e aventi 6-8 branchette di lunghezza decrescente dal basso verso l’alto.
Il vaso ritardato assume la forma definitiva “in ritardo”, dopo 3 anni dall’impianto; infatti nei primi 3 anni la pianta prende la sua forma piramidale naturale. Dopo la raccolta del 3° anno, si elimina l’astone, in modo da lasciare solo 3-5 branche basali e la pianta assume così una forma a vaso.
Il pesco fruttifica prevalentemente sui rami misti, mentre le nettarine e le percoche producono anche sui dardi a mazzetto, inseriti sui rami di due o più anni. Paragonata a quella di altre specie quali melo, pero e ciliegio, la potatura del pesco è considerata energica. Con la potatura si eliminano succhioni, polloni, rami secchi ed ammalati ed il 50-70% dei rami misti, asportando preferibilmente quelli deboli o troppo vigorosi. Infatti la frutta migliore è prodotta dai rami di media vigoria lunghi 40-80 cm, inseriti in posizione laterale rispetto alla branca portante.
Lo scopo della potatura di produzione è di mantenere l’equilibrio tra l’attività vegetativa e quella produttiva, in modo da assicurare una produzione di buona qualità, costante negli anni. Il rapporto tra i vari tipi di ramo a frutto e la loro fertilità e l’intensità del loro diradamento dipendono da molti fattori quali: l’età della pianta (in soggetti giovani prevalgono rami misti vigorosi e i rami anticipati, in soggetti adulti oltre ai rami misti sono presenti mazzetti di maggio e brindilli); la vigoria della pianta (soggetti vigorosi con prevalenza di rami misti e soggetti deboli con prevalenza di brindilli e mazzetti di maggio); le caratteristiche genetiche della cultivar (vigoria, percentuale dei diversi tipi di rami a frutto, la fertilità); relazione tra pianta e clima (sensibilità delle cultivar alle minime termiche invernali; fabbisogno in freddo).
Indipendentemente dalla forma di allevamento, in condizioni di normale attività vegetativa, nelle piante giovani i tagli si devono limitare al minimo indispensabile per assecondare la rapida formazione della struttura scheletrica. A causa della grande vigoria vegetativa, in questo stadio il pesco forma numerosi rami anticipati, la potatura servirà ad alleggerire di rami a frutto e si utilizzeranno le branche soprannumerarie, opportunamente piegate o accorciate, per ottenere una precoce ed elevata produzione.
Considerata una media di 4-6 frutti per ramo misto, su ogni pianta si dovranno lasciare circa 50-90 rami misti; questi rami non si spuntano, ma si diradano; ciò favorisce una più rapida esecuzione della potatura; la spuntatura si può rendere necessaria quando, a causa dell’insufficiente lignificazione della parte terminale, il ramo viene danneggiato dal freddo e da attacchi fungini da crittogame.
Le branchette inserite sulla struttura permanente della pianta si raccorciano in modo da mantenere la dimensione della stessa entro i limiti della razionalità che è determinata dalla distanza d’impianto e dalla necessità di favorire una buona illuminazione anche della parte interna della chioma.
Siccome col passare degli anni l’attività vegetativa si sposta verso l’alto, è necessario favorire con la potatura il rivestimento delle parti basali tenendo conto di alcuni accorgimenti: i rami che hanno già fruttificato vanno asportati, così come i succhioni e i rami misti molto vigorosi o molto deboli; la scelta del tipo di ramo da privilegiare tra il ramo misto e il mazzetto di maggio sarà suggerito sia dalla conoscenza delle cultivar sia dall’habitus produttivo della pianta; è opportuno iniziare la potatura dalla cima di una branca scalando verso la base, individuando il prolungamento della branca in un ramo misto, distribuire razionalmente la vegetazione, rispettare la conicità della branca stessa per permettere una buona penetrazione della luce nella chioma.
È importante dare un breve spazio alla potatura verde che inizierà con la ripresa vegetativa e si prolungherà fino ad agosto. Questi interventi al verde servono per contenere la vegetazione eccedente favorendo il miglior sviluppo e la maturazione di rami per la fruttificazione successiva; favoriscono una migliore qualità dei frutti riducendo l’ombreggiamento; riducono il lavoro di potatura invernale; favoriscono il mantenimento della vegetazione produttiva vicino alla struttura scheletrica, fondamentale per mantenere, nel tempo, le dimensioni ideali della pianta.
Il primo intervento al verde può essere fatto in corrispondenza del diradamento dei frutti, quando i germogli sono ancora erbacei e possono essere eliminati senza l’ausilio delle forbici; più importanti sono gli interventi nel periodo che va da fine giugno a tutto luglio.
La potatura invernale, che si può eseguire dal mese di ottobre e continuare fino alla fioritura, va eseguita preferibilmente dopo i freddi invernali se questi mesi sono di molti gradi sotto lo zero con un’umidità elevata.